La Società
romana di storia patria fu fondata il 5 dicembre 1876 in casa del barone
Pietro Ercole Visconti da un gruppo
di studiosi. Nasce quindi come una società privata per volere di sedici persone
romane di nascita (o tutt’al più della Provincia Romana), diverse però per età,
formazione culturale ed orientamento politico: Pasquale Adinolfi, Ugo Balzani,
Carlo Castellani, Ignazio Ciampi, Costantino Corvisieri, Giuseppe Cugnoni,
Giovan Battista De Rossi, Ignazio Giorgi, Ignazio Guidi, Rodolfo Lanciani, Ernesto
Monaci, Giulio Navone, Giuseppe Tomassetti, Oreste Tommasini, Carlo Valenziani,
Pietro Ercole Visconti. Non si hanno notizie su incontri preliminari, ma è
indubbio che essi dovettero avvenire; ed è altrettanto indubbio che gli
studiosi fossero stati spinti a questa fondazione dal desiderio di scrivere una
nuova storia di Roma, nella quale la visione “municipale” avesse il predominio
sulla visione “pontificia”, che fino a quel momento era stata predominante.
Nell’Atto costitutivo sono dichiarate le finalità della Società: «pubblicare
documenti illustrativi della storia della città e provincia di Roma in tutti i
suoi rapporti dalla caduta dell’Impero alla fine del secolo decimottavo ed un
Bollettino annuale di studi e memorie concernenti la storia medesima».
Due anni dopo
fu eletto pontefice Leone XIII, che ben presto aprì agli studiosi di tutto il
mondo gli Archivi Vaticani. La reazione liberale a questa “liberalità” del
pontefice portò alla creazione dell’Istituto storico italiano, ma anche ad un maggior
impegno della Società nel campo degli studi, sempre con una visione
anticlericale.
La prima riunione dei soci fondatori si tenne
a casa di Costantino Corvisieri, che in quell’occasione fu eletto presidente,
mentre furono nominati segretario Ignazio Giorgi e tesoriere Oreste Tommasini.
Fu redatto un nuovo Atto costitutivo, nel quale si possono notare alcune
differenze col primo: lo scopo rimane uguale, scompare la norma che i soci
debbano essere tutti della Provincia Romana e compare la dichiarazione che la
Società «è posta sotto la protezione del Comune di Roma». Nel verbale è poi
specificato che faranno parte della Società quattro classi di soci: fondatori,
corrispondenti, patroni (cioè coloro che verseranno una tantum 500 lire) e contribuenti (cioè chi si abbonerà al
«Bollettino» per almeno cinque anni).
Le riunioni
dei Soci si susseguirono settimanalmente. Si iniziò subito a pensare alla
pubblicazione di un «Bollettino» e all’edizione di documenti. Tra il 1877 e il
1878 uscì il primo numero dell’«Archivio della Società Romana di storia patria»
(così fu chiamato il «Bollettino») e già nel 1877 furono decise le edizioni del
Regesto di Farfa, a cura di U.
Balzani ed I. Giorgi, e del Regesto
Sublacense, a cura di L. Allodi e G. Levi.
La Società
all’inizio non ebbe una sede: le riunioni si tennero prima a casa del
Presidente, poi, per concessione del principe Chigi, presso la Biblioteca
Chigiana, quindi in alcuni locali presso San Carlo in via Quattro Fontane 94
(oggi via Depretis) ed infine il ministro Guido Baccelli assegnò alla Società
l’uso di tre stanze annesse alla Biblioteca Vallicelliana. La cura della
conservazione e dell’incremento della Vallicelliana fu dallo stesso ministro
affidata nel 1883 alla Società, al cui presidente fu concessa l’alta direzione
della Biblioteca.
A Corvisieri
successe nella presidenza Giuseppe Cugnoni e quindi nel 1883 Oreste Tommasini,
che godeva di ottima stima negli ambienti politici oltre che in quelli
culturali. Egli ottenne nel 1884 il privilegio che la Società potesse chiamarsi
Reale e potesse usare lo stemma regio. Nello stesso anno fu promulgato lo
Statuto, rimasto in vigore fino al 1935, per cui la Società fu equiparata alle
RR. Deputazioni di storia patria già esistenti.
Nel nuovo Statuto
vengono riviste le finalità della Società e la classificazione dei soci.
L’articolo I recita: «la R. Società Romana di storia patria è istituita per
promuovere la pubblicazione e la illustrazione dei documenti storici di Roma e
per cooperare alla conservazione dei relativi monumenti». Per quanto riguarda i
soci, viene a decadere la qualifica di «soci fondatori», non ci sono più soci
patroni e soci contribuenti, ma solo residenti e corrispondenti (i primi erano
quelli che risiedevano stabilmente a Roma, i secondi quelli che risiedevano in
qualsiasi altra località); in una speciale categoria, quella dei soci “nati”,
vengono inseriti i capi degli Istituti storici stranieri esistenti a Roma ed il
bibliotecario pro tempore della
Vallicelliana, il quale ultimo avrebbe fatto parte anche del Consiglio
Direttivo della Società.
Continuò negli
anni la pubblicazione dell’«Archivio», si dette inizio ad una nuova collana, la
«Miscellanea», mentre i Regesti di Farfa e di Subiaco uscirono nella collana
«Biblioteca», che con essi si chiuse. Contemporaneamente vennero portate avanti
altre iniziative, come la raccolta dei Monumenti
Paleografici di Roma, patrocinata da Ernesto Monaci (ne uscirono quattro
fascicoli), la pubblicazione in facsimili de I diplomi imperiali e reali delle Cancellerie d’Italia, patrocinata
dal socio straniero Theodor von Sickel (ne uscì un solo fascicolo), la
continuazione delle Inscriptiones
Christianae Urbis Romae di Giovan Battista De Rossi, a cura di Giuseppe
Gatti e poi di Angelo Silvagni. Pasquale Villari propose un’altra iniziativa:
il Codex diplomaticus Urbis Romae,
che avrebbe dovuto essere la premessa di una Historia Diplomatica Urbis, dal VI al XIV secolo.
Intanto nel
1885 iniziò il «Corso pratico di metodologia della storia», il cui scopo
precipuo era la preparazione di nuovi collaboratori. Questa scuola non durò a
lungo, per mancanza di finanziamenti; nel 1892 fu fondata la «Scuola storica»,
che ebbe vita più lunga. Questa, finanziata dallo Stato, doveva però chiedere
la sua approvazione per la scelta dei borsisti, scelta che era operata dal
Consiglio Direttivo della Società. Francesco Pagnotti e Pietro Savignoni furono
i primi ad essere nominati (1892-93), quindi, dopo un intervallo di sei anni,
furono chiamati a far parte della Scuola Vincenzo Federici e Pietro Fedele
(1899-1900), Luigi Schiaparelli e Pietro Egidi (1901-02). La Scuola continuò ad
esistere fin dopo la I guerra mondiale ed in seguito la sua esistenza divenne
problematica e legata a donazioni ed istituzioni di fondazioni in onore di soci
scomparsi. Ai borsisti, che la frequentarono, si deve la maggior parte delle
edizioni di documenti e degli articoli, che compaiono in quegli anni
nell’«Archivio».
Dal 1884 al
1907 si alternarono nel ruolo di Presidente due degli antichi Soci fondatori,
Oreste Tommasini ed Ugo Balzani; la carica passò poi a Carlo Calisse
(1907-1934). Intanto la biblioteca della Società distinta da quella
Vallicelliana si veniva arricchendo con importanti lasciti dei soci: essa
ricevette in quegli anni una raccolta di appunti e carte di Costantino
Corvisieri, donata dal nipote; la ricca biblioteca di Ugo Balzani, donata dalle
figlie e quella di Oreste Tommasini, ugualmente donata dai figli; le carte di
Alessandro Ferraioli relative per la gran parte al pontificato di Leone X;
libri e fotografie lasciate da Rodolfo Bonfiglietti; una preziosa raccolta di
opere storiche e geografiche e di numerose traduzioni di opere latine e greche,
donata da Angelo Colucci.
Lo Statuto
emanato nel 1884 rimase in vigore fino al 1935, tranne una piccola modifica,
approvata nel 1923 dai Soci, modifica che prevedeva due nuove classi di soci, i
soci «aggregati» che avrebbero pagato annualmente una piccola somma ed i soci
«benemeriti», che avrebbero versato mille lire una tantum. Nel 1933 fu richiesta dal Ministero dell’Educazione
Nazionale a tutte le società storiche una revisione degli statuti; il Consiglio
preparò un nuovo testo, che fu superato nel 1935 dalla riforma di tutti gli
istituti storici esistenti in Italia, promossa da Cesare Maria De Vecchi di Val
Cismon, nuovo ministro dell’Educazione Nazionale. Questa prevedeva che le
Società assumessero la denominazione di Deputazione e che dipendessero dalla
Giunta Centrale per gli Studi storici; che il Presidente ed il Vicepresidente
fossero nominati per regio decreto su proposta del Ministro dell’Educazione
Nazionale, sentita la Giunta e questi a loro volta nominassero due consiglieri;
che le Deputazioni fossero formate da tre classi di membri, deputati,
corrispondenti e soci e che i deputati, nominati per R. Decreto, su proposta
del Ministero dell’Educazione Nazionale, sentite le singole Deputazioni,
fossero cittadini italiani e dovessero prestare giuramento allo Stato fascista.
Nello stesso 1935 furono istituite le sezioni di Tivoli e Velletri dipendenti
dalla Deputazione, che nel 1939 contavano l’una tre deputati e tre
corrispondenti e l’altra tre deputati e due corrispondenti. Seguiranno poi le
sezioni di Viterbo, Littoria (rinominata Latina dopo la caduta del fascismo),
Anagni (divenuta poi sezione per il Lazio meridionale).
Nel frattempo per ragioni di età si era
dimesso Calisse ed era stato nominato al suo posto Pietro Fedele, che era stato
Ministro dell’Educazione Nazionale e che riuscì a rendere meno rigida
l’applicazione dei nuovi provvedimenti. La Società assunse il titolo di R.
Deputazione romana di storia patria, Fedele fu nominato con decreto
ministeriale Presidente e Giulio Navone Vicepresidente ed essi a loro volta
nominarono consiglieri Vincenzo Federici ed Emilio Re e consiglieri aggiunti
(cariche non previste dal nuovo Regolamento) Carlo Cecchelli, Enrico Carusi ed
Enrico Sartorio. Fedele riuscì anche ad inserire gli antichi soci nelle nuove
categorie previste dalla nuova legge, tranne alcuni per incompatibilità con il
regime vigente (Ernesto Buonaiuti, Gaetano De Sanctis, Nora Balzani e Armando
Lodolini, cui si aggiunsero nel 1938, dopo l’emanazione delle «leggi razziali»,
Giorgio Falco e Gino Olivetti).
Ricostituiti
gli organi direttivi e la composizione della Società, l’attività riprese
secondo le finalità sue proprie, che erano sostanzialmente immutate.
L’«Archivio» uscì con regolarità con il nome leggermente modificato («Archivio
della R. Deputazione di storia patria»), aggiungendo alla numerazione corrente
una seconda numerazione di «nuova serie», che durò dal 1935 fino al 1946;
continuarono ad uscire i volumi della «Miscellanea»; le adunanze scientifiche
ebbero luogo pressoché tutti gli anni, le sedute del Consiglio si svolsero
regolarmente fino al 1944. Nel 1943 morì Fedele e fu nominato Presidente
Vincenzo Federici. Fu istituita in memoria di Fedele una Fondazione, a lui
intitolata, per assegnare annualmente premi a giovani laureati, che intendevano
dedicarsi agli studi medievali.
Dopo il giugno
1944, quando Roma fu liberata dall’occupazione tedesca dalle truppe alleate, la
Deputazione riprese l’antico nome, e furono riprese anche le sedute e le
riunioni scientifiche. Nel 1946 fu conclusa una nuova convenzione con la
Biblioteca Vallicelliana, mentre la biblioteca della Società si arricchiva con
nuove donazioni, come quella da parte della nipote dell’antico socio fondatore,
Oreste Tommasini, composta da lettere ricevute dallo studioso e da un gruppo di
carte di Michele Amari.
Essendo stato abrogato il Regolamento delle
Deputazioni voluto da De Vecchi, era necessario aggiornare lo Statuto. Questo
fu rinnovato da Federici, nominato nel 1947 Commissario straordinario, e fu
approvato con D.P.R. del 25 ottobre 1950: le innovazioni – ferme restando le
finalità della Società – riguardavano la composizione, l’elezione dei nuovi
soci e del Consiglio direttivo, la costituzione di altre sezioni. Una norma
transitoria stabiliva poi che i soci nominati prima del 1935 e i deputati e i
corrispondenti nominati dopo tale data fossero collocati nelle categorie
rispettive di soci effettivi e di soci corrispondenti. Intanto erano stati
reintegrati al loro posto i soci che erano stati dichiarati decaduti tra il
1935 e il 1938. Qualche anno più tardi l’interpretazione di alcuni articoli
dello Statuto risultò poco chiara, e pertanto ne fu decisa la modifica, che fu
approvata con D.P.R. n. 1570 del 17 ottobre 1961. Nel nuovo Statuto si
stabilivano tre diverse categorie di soci, patroni, effettivi, corrispondenti:
tra questi ultimi venivano inseriti i direttori pro tempore degli Istituti che facevano parte dell’Unione degli
Istituti di Archeologia, Storia e Storia dell’Arte in Roma, da poco fondata; si
contemplava inoltre la possibilità di costituire nuove Sezioni nei principali
centri del Lazio «per promuovere l’illustrazione della storia locale e per
cooperare alla conservazione dei monumenti». Contemporaneamente fu varato un
Regolamento, composto da dieci articoli, che riguardava l’elezione dei Soci,
per la quale era prevista la votazione a domicilio, i compiti del Segretario,
del Tesoriere e dei revisori dei conti, le proposte di modifiche, che, per
essere valide, avrebbero dovuto essere approvate a maggioranza assoluta degli
aventi diritto al voto.
Il Federici,
cessata la sua funzione di Commissario straordinario, fu eletto Presidente il
23 maggio 1953, ma morì pochi mesi dopo e fu sostituito da Emilio Re
(1954-1962), e dopo di lui fu nominato Presidente Ottorino Bertolini
(1962-1976). In quegli anni continuarono ad uscire più o meno regolarmente i
volumi dell’«Archivio», furono portati a termine altri volumi della
«Miscellanea». Nel 1971 Bertolini riprese l’iniziativa, che era stata proposta
nel lontano 1886 da Pasquale Villari e che Fedele e Federici avrebbero voluto
attuare, il «Codice diplomatico» di Roma e della regione romana. Ottenuto un
contributo quadriennale dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, egli costituì
un centro per la raccolta e lo studio delle fonti della storia di Roma e della
sua regione nel Medioevo, al quale afferì un gruppo di giovani laureati, che
costituirono uno schedario dei documenti editi o solo citati relativi alla
storia di Roma dal VI al XV secolo e prepararono studi ed edizioni, che poi
furono pubblicati sull’«Archivio».
Bertolini fu
costretto a lasciare la Presidenza per gravi motivi di salute e gli subentrò
Giulio Battelli (1976-1984). Nel frattempo Pierre Toubert aveva donato alla
Società i microfilm contenenti le riproduzioni dei documenti di molti archivi
laziali, che gli erano serviti per la sua opera Les structures du Latium médiéval, uscita sotto gli auspici e con
il concorso della Società romana e l’Accademia di San Luca aveva concesso la
raccolta delle copie di documenti fatta da Cesare De Cupis, mentre Giuseppe
Marchetti Longhi aveva legato alla Società una raccolta di carte manoscritte,
appunti ed estratti. Alla morte di Giovanni Incisa della Rocchetta, per lunghi
anni Segretario della Società, anche le sue carte furono donate dagli eredi.
Sotto la
presidenza di Battelli fu solennemente celebrato il centenario della Società
con un convegno sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica sul tema
«Roma punto d’incontro e di nuove aperture alla cultura europea dal 1870 al
1914». Nel 1981, nel quadro delle celebrazioni per il centenario della nascita
di san Benedetto, la Società indisse un convegno su «I monaci a Roma nell’Alto
Medioevo». Furono poi tenute, come d’abitudine, le sedute scientifiche; la
pubblicazione della rivista continuò, anche se con una cadenza non sempre
regolare, uscirono nuovi volumi nella «Miscellanea» ed ebbe inizio la collana
intitolata «Codice diplomatico di Roma e della regione romana», nella quale
apparve come primo volume la ristampa, a cura di Paola Pavan, delle Carte del monastero dei SS. Cosma e Damiano
di Pietro Fedele, pubblicate a puntate sull’«Archivio». I volumi seguenti sono
tutti relativi a nuove edizioni di documenti e di protocolli notarili. Fu firmata una convenzione con la
Regione Lazio, d’intesa con la Soprintendenza Archivistica del Lazio, per
l’ordinamento degli archivi comunali.
Nel 1984
Giulio Battelli lasciò la sua carica di Presidente per «limiti d’età», come
motivò lui stesso, avendo compiuto ottanta anni, ma continuerà a far parte
integrante della Società e del Consiglio per altri venti anni, fino alla sua
morte avvenuta nel 2004. Al suo posto fu eletto Alessandro Pratesi (1984-1991),
la cui presidenza ha rappresentato un periodo di intensa attività editoriale
per la Società: l’«Archivio» riprese infatti la sua cadenza regolare, nella
«Miscellanea» uscirono nove volumi e quattro nel «Codice diplomatico».
Alcune norme
dello Statuto della Società cominciavano a essere obsolete, si propose allora
un nuovo testo al Ministero dei Beni Culturali senza arrivare ad
un’approvazione. Nel 1987 venne abrogato il Regolamento con il voto favorevole
della maggioranza degli aventi diritto al voto: venne così a cadere la norma
che proibiva l’elezione di studiosi stranieri a socio effettivo e nel 1990
furono eletti sette soci effettivi stranieri, i cui interessi scientifici erano
legati strettamente a Roma.
La biblioteca
Vallicelliana nel 1986 richiese che fosse rivista la convenzione, che dal 1946
regolava i rapporti tra la Biblioteca stessa e la Società; la questione si
trascinerà per una decina d’anni finché nel 1996 non sarà firmata dalle parti
una nuova convenzione, che consta di otto articoli (pubblicata sull’«Archivio»
119 [1997], p. 359]. A quel momento sarà presidente Letizia Ermini Pani, eletta
nel gennaio 1991, dopo le dimissioni di Alessandro Pratesi.
La presidenza di Letizia Ermini Pani è
caratterizzata da un gran numero di convegni e da un rapporto più stretto con
la Regione Lazio, che ha contribuito alle nuove iniziative della Società e alla
prosecuzione dell’attività editoriale della Società.
Nel 1995,
cadendo l’anniversario della morte di san Filippo Neri, si è tenuto un convegno
sul tema «S. Filippo Neri nella realtà romana del secolo XVI» e l’anno seguente
uno su «Santi e culti nel Lazio: istituzioni, società, devozioni». Quest’ultimo
prelude in un certo senso alla ricerca sul «Culto dei Santi patroni nel Lazio»
(Roma esclusa), finanziata appunto dalla Regione nei trienni 1999-2001 e
2002-2004 ed alla successiva pubblicazione. Nel 1998 la ricerca proposta dalla
Società alla Regione Lazio su «Castra
e casali della Campagna Romana tra XII e XIII secolo» sarà da questa assunta
come ricerca regionale e nel 2004 confluirà in un volume della «Miscellanea».
Due convegni
si sono tenuti nel 1998: l’uno fu indetto in febbraio in memoria di Jean Coste,
Segretario della Società per alcuni anni, sul tema «Dalla Tuscia Romana al
territorio Valvense. Problemi di topografia medievale alla luce delle recenti
ricerche archeologiche»; l’altro in settembre su «Innocenzo III, Roma e lo
Stato Pontificio». Gli Atti dei quattro convegni sopra citati sono stati poi
pubblicati nella «Miscellanea», come pure quelli del convegno tenutosi
nell’ottobre 2004, in
occasione del XIV centenario della morte di Gregorio I, su «L’Orbis christianus antiquus di Gregorio
Magno».
Nel 1994 fu stabilito
di chiedere alla Sovrintendenza archivistica del Lazio che i fondi archivistici
della Società e lo stesso archivio venissero dichiarati di notevole interesse
storico, cosa che avvenne il 9 giugno 1997. La Regione Lazio poi mise a
disposizione un contributo per l’inventariazione e la sistemazione dei fondi
provenienti da donazioni (Bonfiglietti, De Cupis, Ferraioli, Incisa della
Rocchetta, Marchetti Longhi); in seguito il Ministero dei Beni e delle Attività
culturali assegnerà un contributo ad hoc per il fondo più cospicuo, quello
Ferraioli, per cui tutti i fondi sono stati riordinati e catalogati, tranne il
fondo Colucci, che è statodepositato presso la Società Geografica Italiana. Dal
1904 è in corso l’inventariazione dell’archivio storico della Società.
La Società ha
quindi aderito al progetto formulato nel 2002 dalla Regione Lazio relativo ad
un «Repertorio degli uomini illustri del Lazio» (con l’esclusione dei Romani e
dei viventi): alla Società ed all’Istituto storico italiano per il Medio Evo è
stato affidato il settore medievale, ed il Presidente della Società è entrato a
far parte del Comitato scientifico dell’opera.
Nel 2006 il
130° anniversario della fondazione della Società è stato solennemente celebrato
con un convegno, tenuto in Campidoglio e nel salone della Biblioteca
Vallicelliana, nell’ambito del quale alcune relazioni hanno evidenziato il
ruolo avuto dalla Società nel campo degli studi storici romani e nazionali.
Dopo
centotrent’anni molte cose sono ancora da fare, molti i progetti in cantiere,
come la sistemazione, riproduzione digitale e creazione di un archivio
consultabile in CD della fototeca di Pierre Toubert, la creazione del sito
della Società, l’inserimento in questo di tutti gli indici dei volumi
dell’«Archivio», l’archiviazione elettronica delle edizioni di cartari e
protocolli apparse nella rivista, nonché delle trascrizioni dei protocolli dei
Serromani, notai romani trecenteschi, rimaste inedite per la morte del
curatore, Renzo Mosti. Sono poi in fase di attuazione la prosecuzione del
Codice diplomatico delle magistrature romane, la regestazione delle carte
duecentesche del monastero di S. Maria Nova, l’edizione di altri cartari
romani.
Le finalità
della Società proclamate nel 1876 continuano quindi ad essere ancora attuali.
Isa Lori Sanfilippo